Paolo Maldini: “un robocop con il cuore e i sentimenti da uomo” (2024)

Paolo Maldini: “un robocop con il cuore e i sentimenti da uomo” (1)

Quando ci chiedono di stilare la nostra personale Top XI della storia del calcio – a seconda di ciò che abbiamo visto o che ricordiamo – difficilmente qualcuno di noi omette dalla formazione titolare Paolo Maldini. Una stima e un rispetto che il figlio di Cesare – altra bandiera rossonera, che alzò da capitano la prima Champions del Milan nel 1963 – ha saputo guadagnarsi anno dopo anno, anche da parte dei tifosi rivali. Professionalità, etica, fedeltà ed eleganza: questi sono stati gli ingredienti che hanno reso Paolo Maldini una leggenda del calcio mondiale.

Nato nel 1968, anno dei grandi movimenti di massa e delle violente contestazioni nei confronti dei poteri dominanti, Maldini ha assorbito completamente quell’ondata rivoluzionaria.

È stato uno dei primi giocatori del suo ruolo a giocare a piede invertito prima che diventasse di moda: un destro naturale che ha giocato gran parte della sua carriera come terzino sinistro. Non solo questo: si può dire che Maldini sia stato il primo dei difensori moderni, portando con sé una nuova concezione del ruolo. Difensore non più soltanto inteso come difendente, ma come primo aggressore della metà campo avversaria.

Da bambino, come ammesso da lui stesso, seguiva molto la Juventus visti i tanti giocatori che figuravano in Nazionale, ma questa non rimase altro che una semplice simpatia fanciullesca. Quando poi - alla tenera età di dieci anni - fece il provino con il Milan, il cuore si tinse di rossonero per sempre.

Non fu facile, almeno all’inizio, scrollarsi di dosso l’etichetta del “figlio raccomandato”: voci di corridoio accostavano in continuazione padre e figlio, facendo di tutto per complicargli il percorso. Nonostante le pressioni, però, Maldini pensava solo a giocare e a crescere – a testimonianza della forte mentalità che lo ha accompagnato fin da adolescente.

L’esordio con la maglia del Diavolo avviene in un rigido pomeriggio invernale del 1985, durante un Udinese-Milan che vede la difesa dell’allora tecnico Niels Liedholm falcidiata dagli infortuni. Entra a inizio secondo tempo al posto di Battistini, anche lui con dei problemi fisici, e fa vedere fin da subito di che pasta è fatto – ottenendo i complimenti di un mostro sacro come Rivera.

Per 38 anni e mezzo è stato il più giovane esordiente in Serie A della storia rossonera, a 16 anni, 6 mesi e 25 giorni. È stato superato lo scorso 25 novembre 2023 da Francesco Camarda, che a 15 anni, 8 mesi e 15 giorni è diventato anche il più giovane esordiente della storia della Serie A.

Da quel 20 gennaio 1985 la storia è nota: 24 anni ricchi di successi, di trofei e di record infranti, tutti rigorosamente con la maglia del Milan. 7 campionati, 1 Coppa Italia, 5 Supercoppe italiane, 5 Champions League, 5 Supercoppe Europee, 2 Coppe Intercontinentali e 1 Mondiale per club. Non manca praticamente niente per quanto concerne il palmares con il suo unico e amato club di appartenenza.

Discorso diverso, invece, con la Nazionale italiana – con la quale gli zero trofei rappresentano un piccolo neo nella sua leggendaria carriera da calciatore. Una parentesi tanto larga quanto amara, iniziata nel 1988 e terminata nel 2002. Nello sfortunato Mondiale di Giappone e Corea del Sud, infatti, l’Italia viene eliminata da questi ultimi agli ottavi di finale, al termine di una gara controversa (pessimo l’arbitraggio dell’ormai famoso Byron Moreno) per la quale Maldini è ricordato a causa dell’errore che ha portato al definitivo 2-1 coreano. Prima di quest’ultima delusione, Maldini aveva dovuto ingoiare altri bocconi amari: il Mondiale di USA ’94 perso ai rigori contro il Brasile, l’eliminazione ai quarti di finale di Francia ’98 contro i padroni di casa (nuovamente indigesti i tiri dagli 11 metri) e la finale di Euro 2000 persa al golden goal sempre contro i francesi.

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Unico neo, dunque, la sua storia in Nazionale a cui, però, si sommano alcune ferite inaspettate – come i fischi di alcuni tifosi della Curva Sud nel giorno del suo ultimo saluto a San Siro (il 24 maggio 2009) e come il recente licenziamento dalla carica di direttore dell’area tecnica rossonera a causa delle divergenze con il fondo d’investimento RedBird. Sì, perché la storia d’amore tra Maldini e il Milan prosegue anche al di fuori del campo da calcio: nove anni dopo il suo ritiro, nel 2018, entra a far parte dell’area sportiva del Milan. In un paio di anni riesce a costruire la squadra che, nel 2022, conquisterà un insperato Scudetto. Sono di Maldini le intuizioni che hanno portato a Milanello giocatori come Mike Maignan, Theo Hernandez, Rafael Leao, Sandro Tonali, Olivier Giroud – tanto per citarne alcuni.

Paolo Maldini: “un robocop con il cuore e i sentimenti da uomo” (2)

In un’intervista a Sportweek del settembre dello scorso anno, Paolo Di Canio parlò di Maldini in questi termini: “Un robocop con il cuoree i sentimenti da uomo. Potenza, forza, classe, carisma.Una macchina perfetta: poteva far qualsiasi cosa". Un dipinto interessante dell’ex campione rossonero - che è stato uomo pensante, onesto e trasparente sempre e comunque. I sentimenti da uomo di cui parla l’attuale opinionista Sky non potevano, pertanto, non emergere proprio durante il sopracitato giorno del suo saluto. Un giorno di festa, macchiato da uno striscione che spunta dalla Curva Sud e che recita “Grazie Capitano: sul campo campione infinito ma hai mancato di rispetto a chi ti ha arricchito”. Si dice, infatti, che Maldini non sia mai stato tenero con le critiche più dure dei tifosi rossoneri: dopo la disfatta di Istanbul, ad esempio, molti di loro accusarono Maldini per non aver adempiuto ai suoi doveri di leader e l’ex capitano rossonero, in risposta, non le mandò a dire.

Questo episodio è l’emblema di ciò che è stato Maldini: un professionista serio, fedele e straordinariamente capace, ma al tempo stesso orgoglioso e con dei principi difficili da smussare.

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